La conservazione e la valorizzazione del patrimonio archeologico del Marocco è al centro del programma di conversione del debito realizzato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).
Grazie a questa iniziativa, i lavori di ristrutturazione e di valorizzazione della Medersa Merinide e della Necropoli di Chellah sono stati ianugurati mercoledi scorso alla presenza del Ministro della Cultura e della Comunicazione Mohamed Laâraj e del Wali della regione di Rabat-Salé-Kénitra, e del Governatore della Prefettura di Rabat, Mohamed Yacoubi.
La conservation du patrimoine archéologique du #Maroc est au cœur du programme de l’@aics_it.
Dans ce contexte, les travaux de restauration et mise en valeur de la Medersa Merinide et la Nécropole de #Chellah ont été lancés mercredi dernier en présence des Autorités marocaines. pic.twitter.com/qSsB0rU6PI
Nel quadro della quarta edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile, organizzato dall’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) in partnership col Ministero degli Affari Esteri Italiano, l’Ambasciata d’Italia e l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) attraverso la sua sede di Tunisi organizzano un evento dedicato al tema dello sviluppo economico sostenibile e al possibile contributo che potrà dare la Cooperazione italiana allo Sviluppo nei prossimi anni alla Tunisia.
L‘ evento si svolgerà il prossimo martedì 6 ottobre dalle ore 10,00 (ore 11,00 in Italia) alle ore 11,30 e sarà trasmesso in diretta online sulla pagina Facebook dell’AICS di Tunisi. L’incontro, vuole essere un’occasione per gli esponenti delle istituzioni tunisine, dell’Unione Europea, la Banca Mondiale, di UNDP, e dei rappresentanti della Società Civile, per discutere delle lezioni apprese e delle prospettive per uno sviluppo sostenibile del Paese.
La Rivoluzione della dignità ha determinato democrazia e libertà in Tunisia senza tuttavia riuscire a dare una risposta adeguata alle aspettative di crescita economica e di sviluppo della popolazione, oggi inasprite dalla forte crisi economica che attraversa il Paese. Numerose sono le sfide che si ripropongono in questo momento, aggravate dall’emergenza COVID, rendendo quanto mai urgente la necessità di rinnovare il sostegno della comunità internazionale nel definire nuove strategie e per incoraggiare una crescita inclusiva e sostenibile.
Come partecipare: l’evento è pubblico e sara trasmetto in diretta streaming sulla la pagina Facebook dell’AICS di Tunisi, dalle 11.00 alle 12.30 ora italiana (ovvero dalle 10.00 alle 11.30 in Tunisia):
Zoubaida è una donna di 40 anni, nata e cresciuta a Tabarka, una perla della costa nord-occidentale della Tunisia a circa 175 km dalla capitale.
Zoubaida ha da sempre una passione: coltivare piante aromatiche e officinali nel suo vivaio. Una tradizione, un amore quello per le piante che in quest’area si affermano presuntuosamente tra la vegetazione. Coltivate o selvagge, le piante aromatiche e officinali sono da sempre utilizzate per la cura del corpo, per le preparazioni culinarie e per le composizioni dei profumi. Qui, nella macchia mediterranea, Zoubaida ha fatto della tradizione un mestiere, della sua passione un’occupazione giornaliera dalle ambizioni a lungo termine.
La grande svolta è arrivata nel dicembre 2020, quando ha ufficialmente fondato Lyes Fiori, una delle 16 imprese selezionate per l’accompagnamento tecnico e finanziario nell’ambito del progetto Start-Up Tunisie. Creare opportunità lavorative, investire in idee d’impresa promettenti, formare giovani sono questi gli obiettivi del progetto finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e realizzato dal Comune di Fano in partenariato con l’ONG CEFA.
Zoubaida aveva un terreno, esperienza e ambizioni, quel tanto che è bastato a Start-Up per scommettere su di lei e sostenerla nella creazione di un’azienda, nella realizzazione di un sogno. “Le mie conoscenze sulla coltivazione delle piante e la gestione dell’impresa erano legate alla mia passione, ma non a delle conoscenze tecniche approfondite. Le formazioni a cui ho partecipato mi hanno permesso di approfondire le mie conoscenze e migliorare le mie competenze”, spiega Zoubaida, che al momento ha seguito lezioni sulla commercializzazione e marketing, comunicazione professionale, moltiplicazione e coltivazione delle piante aromatiche e officinali, in collaborazione con l’Istituto Silvo-pastorale di Tabarka – ISPT. Inoltre, grazie al supporto finanziario del progetto, la giovane imprenditrice ha ricevuto attrezzature per la costruzione delle due serre e per la recinzione del vivaio, utensili per la coltivazione e il sistema di irrigazione. Partita dalla consapevolezza che la raccolta arbitraria e non sostenibile della materia prima ha ripercussioni negative sull’ecosistema forestale, Zoubaida ha voluto creare unsuo vivaio in serra e all’aperto che rispondesse alla necessità di moltiplicare le piante, preservarne le varietà (in particolare per lavanda, mirto, rosmarino, alloro, vervena, menta e pino) e colmare la richiesta del mercato, sempre più crescente.
Lyes Fiori è ora un’azienda strutturata e pronta per la sua prima vendita di piantine da cui estrarre gli olii essenziali. Ma l’obiettivo è quello di aumentare i livelli di produzione e le attività. “Nel futuro prevedo di coltivare in campo aperto e di specializzarmi nell’estrazione di olii essenziali e vegetali a partire dalla materia prima prodotta dalla mia impresa”, confessa Zoubaida. Questo permetterebbe di imporsi nella filiera come produttrice e venditrice del prodotto finito, ma soprattutto di creare impiego. Il vivaio dà oggi lavoro a due giovani del posto che vengono assunti stagionalmente, soprattutto nel periodo della raccolta.
Zoubaida è la fondatrice di un’azienda che vuole preservare e valorizzare la biodiversità della zona, ma anche porsi come un modello per le altre donne, soprattutto della regione, che desiderano inserirsi nel mondo del lavoro.
Quando Heba Mohmoud ha saputo di essere stata selezionata per un corso di formazione sul diritto alla salute, offerto dall’organizzazione non governativa (ONG) ACTED in coordinamento con l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), continuava a ripetere: “Ma lo sanno che sono cieca?”.
Nata con una malattia che le ha causato la perdita della vista quand’era molto piccola, oggi Heba lavora come terapista psicosociale in una clinica di Ajdabiya, una delle città della Cirenaica coinvolte negli interventi del programma di cooperazione Delegata Baladiyati, finanziato dall’Unione Europea ed eseguito sul terreno dall’AICS.
I percorsi di formazione (cosiddetti “training of trainers”, ToT) offerti dal programma hanno permesso a Heba e agli altri partecipanti di approfondire la conoscenza del sistema giuridico internazionale sulla salute: come adempiere e tutelare il diritto universale alle cure mediche.
Fin dal tempo degli studi, Heba ha dovuto affrontare molte sfide a causa della disfunzione alla vista. Quand’era bambina, ha lasciato Ajdabyia per frequentare una scuola per non vedenti a Benghazi, separandosi dalla famiglia che rincontrava ogni tanto nei fine settimana. Nel 2011, quando le tensioni politiche hanno scosso il Paese, Heba ha fatto ritorno ad Ajdabyia, un’esperienza che descrive come “riiniziare da zero”.
“Quando sono andata a iscrivermi alla facoltà di psicologia ad Ajdabyia, mi sono sentita dire che le persone cieche frequentavano i corsi di inglese, arabo o gli studi islamici. Ero la prima non vedente a scegliere psicologia: mi diedero tre mesi di prova per dimostrare di avere le abilità per seguire il corso. Non è stato facile ma nel 2017 mi sono laureata in psicologia”.
La selezione per i ToT organizzati dall’AICS insieme ad ACTED è stata una sorpresa per Heba. “Temevo ci fosse stato un errore e che sarei stata esclusa non appena avessero saputo che sono cieca. Invece l’imparzialità è davvero tra i valori di questo programma, non sono solo parole. La formazione è stata veramente importante per me, e credo sia stata un’opportunità anche per gli altri partecipanti, che si sono trovati a interagire con una persona non vedente. Sono felice di aver preso parte a questa iniziativa”.
Nel tempo libero dal lavoro, oggi Heba fa la volontaria in una scuola per non vedenti. “Il mio obiettivo è anzitutto quello di sostenere altre persone non vedenti perché non demordano di fronte ai propri diritti fondamentali, tra cui anzitutto quello all’educazione. E poi vorrei che la mia esperienza diventasse un messaggio: vorrei che tutti sapessero che l’unica differenza nel processo di apprendimento tra una persona cosiddetta “normodotata” e una persona non vedente è nelle modalità. Sapete, per imparare, non è indispensabile la vista quando si sanno usare gli altri sensi”.
La storia di Heba è stata scritta da AICS grazie a una testimonianza raccolta da ACTED nel quadro del programma di cooperazione Delegata “Baladiyati”, finanziato dall’Unione Europea e realizzato da AICS in partenariato con UNDP e UNICEF con l’obiettivo di rafforzare i servizi di base in 27 municipalità in Libia.Nello specifico, ACTED ha lavorato nell’ambito di un progetto gestito da AICS per migliorare l’accesso al sistema sanitario da parte delle comunità locali, con un’attenzione particolare ai gruppi più vulnerabili. Gli interventi realizzati prevedono la riabilitazione di strutture mediche primarie, la fornitura di strumentazioni mediche prioritarie, l’offerta di percorsi formativi per rafforzare le competenze del personale medico e paramedico e campagne di informazione e sensibilizzazione presso le comunità locali.
TUNISI, 1 giugno 2023 – Oggi, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e la Banca Mondiale hanno siglato l’accordo dal valore di 1 milione di euro in sostegno alle attività del fondo fiduciario “Tunisia Economic Resilience and Inclusion” (TERI), realizzato dalla Banca Mondiale per sostenere il programma di riforme e rafforzare la capacità della Tunisia nel rispondere alle attuali sfide economiche e sociali.
La cerimonia di firma si è tenuta presso la residenza dell’Ambasciatore d’Italia in Tunisia, F. Saggio, che ha accolto per l’occasione il Rappresentante Residente della Banca Mondiale in Tunisia, Alexandre Arrobbio, il Direttore della Sede Regionale dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) di Tunisi, Andrea Senatori e la Programme Manager della Banca Mondiale, Zouhour Karray.
Nell’ambito del fondo TERI, il contributo italiano è finalizzato a supportare le attività della Delivery Unit presso la Presidenza del Governo volte a coordinare ed accelerare l’attuazione delle riforme identificate dal Governo tunisino come prioritarie ed urgenti.
“La firma di questo accordo è un’ulteriore prova del sostegno a 360 gradi del Governo italiano alla Tunisia e si aggiunge agli oltre 700 milioni di euro di progetti attualmente in corso e programmati dalla Cooperazione italiana nel Paese. Nell’ambito di un approccio globale, l’accordo di oggi ribadisce l’impegno dell’Italia a sostenere il processo di attuazione delle riforme prioritarie nel pieno rispetto della volontà delle istituzioni tunisine”, ha dichiarato l’Ambasciatore Saggio.
“La Banca Mondiale è lieta di collaborare con il Governo della Repubblica Italiana per finanziare le attività della Delivery Unit in Tunisia”, ha dichiarato Alexandre Arrobbio, Rappresentante Residente della Banca Mondiale in Tunisia. “Questo progetto ci consentirà di accelerare l’attuazione delle azioni prioritarie individuate dal governo tunisino, migliorando così i servizi pubblici per i cittadini e le imprese. Ci impegniamo a proseguire la collaborazione con i nostri partner italiani per sostenere le riforme e promuovere lo sviluppo in Tunisia.”
“Grazie a questo accordo, la Cooperazione italiana, attraverso l’AICS, farà parte di uno strumento multi-partner che permetterà di cogliere collettivamente le sfide di uno sviluppo locale equo e sostenibile, di promuovere sinergie positive tra i diversi attori dello sviluppo e di ridurre la frammentazione degli aiuti”, ha dichiarato Andrea Senatori, Direttore dell’AICS Tunisi, a margine della cerimonia.
Il Governo italiano e la Banca Mondiale continueranno a collaborare per rafforzare le capacità dell’amministrazione tunisina, migliorare i servizi pubblici e promuovere una crescita economica sostenibile nel Paese.
Opportunità, inclusione e spirito d’iniziativa: questi sono i principi alla base dell’attività imprenditoriale di Narjess Hazel, una giovane imprenditrice di Medenine, che partecipa alla fiera internazionale dell’agricoltura e della pesca a Tunisi.
Un’opportunità resa possibile grazie al progetto realizzato dall’agenzia UNOPS e finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.
Infatti, nell’ambito di questa iniziativa, Narjess ha creato la sua azienda “Narpis”, dedicata alla produzione di miele, allevamento e prodotti delle api. Da allora l’attività di Narpis ha iniziato a crescere costantemente e i suoi prodotti stanno diventando sempre più famosi nel mercato e altrove.
In questo modo, Narjess può ora esporre i suoi prodotti nelle più importanti fiere organizzate in Tunisia.
Une histoire à succès en #Tunisie : Mme Narjess Hazel, jeune femme d’affaires de #Médenine, participe au salon international de l’#agriculture, du machinisme agricole et de la pêche de Tunis, grâce au projet réalisé par l’@UNOPS et financé par l’@aics_itpic.twitter.com/qrd4M1DW24
Si conclude oggi l’operazione di forniture di beni umanitari donati dalla Cooperazione italiana al Governo tunisino per il contrasto all’emergenza Covid19: 25 tonnellate di materiale sanitario distribuite in cinque containers (ventilatori polmonari, mascherine protettive, guanti, camici chirurgici e gel igienizzante) sono state consegnate via nave nel corso del mese di luglio.
Presenti alla consegna dell’ultimo container l’ambasciatore Fanara e il direttore dell’AICS Tunisi Andrea Senatori, che dichiara: “La Cooperazione italiana è vicina alla Tunisia, un Paese dove la nostra presenza trentennale ha goduto di dialogo e confronto continui, e che ora sta affrontando serie difficoltà sanitarie dovute al diffondersi della pandemia COVID-19. L’impatto di una crisi sanitaria in questo momento di transizione politica ed economica potrebbe avere un impatto a lungo termine se non si agisce ora. Dobbiamo lavorare insieme per rafforzare la resilienza del popolo tunisino”.
Nell’ambito del sostegno sanitario al paese sono previsti da parte del Governo italiano ulteriori misure, come il contributo di emergenza già stanziato e pari a 200.000 euro a favore della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e della Mezzaluna rossa (FICROSS) nel quadro dell’“IFRC COVID 19 Global Appeal” e dell’IFRC Revised Emergency Plan of Action for COVID-19 Pandemic in the MENA Region”. A questa linea si aggiungerà un contributo diretto al Ministero della Sanità tunisino e portato avanti in collaborazione l’OMS per l’acquisto e la fornitura di ossigeno destinato a strutture pubbliche del paese.
Un tempo distesa di sabbia calpestata da carovane di nomadi, Rjim Maatoug è ora un’oasi rigogliosa e popolata tra le dune del deserto nel sud-ovest della Tunisia, al confine con l’Algeria. In quasi trent’anni, la terra di nessuno è diventata casa per oltre 1300 famiglie che vivono di agricoltura e commercializzazione dei datteri, gli stessi che finiscono sulle tavole degli italiani e di molti altri europei. Qui il deserto si è trovato di fronte ad uno STOP, un’intimazione tassativa voluta dal Governo tunisino che, insieme alla Cooperazione italiana, ha combattuto fortemente contro la sua avanzata per tre decenni. Nello scacchiere vita versus desertificazione, la prima vittoria ha registrato circa 2000 ettari di terra sottratti al deserto e devoluti alla produzione della palma da dattero, fonte di reddito per la popolazione dei sei villaggi creati nell’ambito del progetto italo-tunisino. Case, scuole, luoghi di culto, dispensari, servizi commerciali e amministrativi consentono oggi ai più di sei mila abitanti della regione di Rjim Maatoug di accedere ai servizi di base.
Tra le palme, in preparazione per l’impollinazione primaverile, Nabila El Kadhri continua le sue ricerche sul dattero. Lei, ingegnere agronomo e ricercatrice presso il Centro Tecnico dei Datteri a Kebili, collabora da anni con l’Ufficio di Sviluppo di Rjim Maatoug (ODRM), l’ente esecutore del progetto pluri-decennale. Una volta a settimana, percorre quei 115 km che separano il suo laboratorio dalla parcella pilota di sperimentazione all’interno dell’oasi. Le sue giornate lavorative sono fatte di scienza e di natura, di studio e di applicazione, ma soprattutto di una vera dedizione alla pianta che ha accompagnato la sua vita fin dall’infanzia. “Originaria di questa regione, ho scelto di dedicare le mie ricerche alla palma da dattero che per me significa casa, origini, ma anche vita. Qui, infatti, essa regna sovrana nell’ecosistema oasiano e permette alla popolazione locale di sopravvivere. Donne e uomini sono implicati nella produzione del dattero e di questo frutto vivono”, racconta Nabila. Nell’ombra confortevole delle foglie, insieme a collaboratori e collaboratrici, esegue i prelievi di suolo e terra, testa nuove tecniche di fertilizzazione e di irrigazione, si approccia in maniera sperimentale all’irrorazione del polline e alla potatura. Tutto questo all’unico scopo di trovare delle soluzioni ai problemi che minacciano la qualità e la quantità della produzione dei datteri e, conseguentemente, la sopravvivenza della comunità umana.
“Ci sono problemi ambientali, le condizioni climatiche sono ostili e le risorse sempre più rare e difficili da sfruttare. La siccità, il caldo e i venti di sabbia aumentano l’apparizione di malattie la cui manifestazione è sempre più frequente e dannosa. Se la produzione è a rischio un anno, l’agricoltore ha difficoltà ad affrontare la stagione seguente”, testimonia Nabila. “Attraverso le mie ricerche, voglio dar voce e rispondere alle istanze dei produttori.”
La lotta vita versus desertificazione è ancora aperta nel Sahara, la distesa di sabbia più grande al mondo. Di fronte al surriscaldamento globale e al calo delle precipitazioni, piante e animali delle zone desertiche sfidano i propri limiti di tolleranza di temperatura e aridità. La sabbia avanza quasi impercettibile agli occhi della gente comune. Il caldo e la siccità lasciano gli acari proliferarsi e danneggiare la linfa vitale delle piante. L’aridità colora di bianco il suolo salino. Le palme hanno sempre di più la testa nel fuoco e sempre meno i piedi nell’acqua.
“Finché esistiamo, dobbiamo combattere insieme contro il cambiamento climatico affinché l’ecosistema delle oasi continui a vivere e a nutrire la popolazione. Ciò richiede un’azione collaborativa tra le istituzioni, gli enti statali e di ricerca e la popolazione locale. Lottiamo insieme”, è l’appello di Nabila per lo scacco matto che chiuderebbe la partita della sopravvivenza qui nel profondo sud sabbioso della Tunisia.
Guardate la video-testimonianza di Nabila:
Il progetto di “Riabilitazione e creazione di palmeti da dattero a Rjim Maatoug” consiste nella creazione di circa 2500 ha di palmeto da dattero e nella realizzazione delle infrastrutture socio-economiche ed abitative necessarie per l’insediamento delle popolazioni locali. Iniziato nel 1984 con una prima fase sperimentale finanziata dal governo tunisino, ha proseguito fino al 2020 con il supporto finanziario dell’Italia per un importo totale di 23 milioni di euro.
Classificato nell’ambito delle iniziative di sviluppo rurale e lotta contro la desertificazione, il progetto è realizzato in partenariato con l’ODRM, struttura alle dipendenze del Ministero della Difesa Nazionale, creata nel 1989.
Queste linee guida operative informano sulle principali scelte di finanziamento nei Paesi partner della cooperazione allo sviluppo per rafforzare la leadership e la titolarità locali e promuovere una società civile forte, indipendente e diversificata.
Promuovere la condivisione di esperienze tra l’Italia e Tunisia a supporto del settore privato tunisino.
Questo è stato l’obiettivo del seminario intitolato: “Osservatorio delle PMI: l’esperienza italiana in programmazione, controllo strategico e statistica.
Il caso della regione Umbria “organizzato a Tunisi dal 4 all’8 novembre 2019 da Sviluppo Umbria a beneficio dei funzionari del Ministero dell’industria tunisino.
Il seminario si è concluso con la consegna dei diplomi ai funzionari che hanno ricevuto la formazione e fa parte di una più ampia iniziativa nell’ambito del programma di cooperazione tecnica a sostegno del settore privato finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.