Nacyb e la sua associazione: per una società fatta anche di donne

Per la rubrica: “Voci di Noi Altr* AICS

©Association Rayhana pour les femmes de Jendouba

di Martina Palazzo

Nacyb Allouchi è una donna tunisina che osa parlare, agire e cambiare in nome dei diritti delle donne. È un’attivista nei suoi messaggi rivolti alla comunità e nelle sue azioni all’interno dell’associazione di cui è presidente. Siamo a Jendouba, una città situata a 50 km dalla frontiera tra Algeria e Tunisia, in una zona agricola che si sta gradualmente industrializzando.

L’Associazione Rayhana per le donne di Jendouba è nata dalla volontà di un gruppo di giovani donne che sognavano uno spazio protetto, un luogo di incontro lontano da occhi inquisitori maschili dove potersi rilassare davanti a un caffè, organizzare attività sportive e laboratori di apprendimento, discutere di problemi e trovare soluzioni. Dal 2013, l’associazione sta seguendo un percorso progettuale per sviluppare e consolidare le sue azioni basato sulla convinzione che le donne possano avere un ruolo attivo nel cambiare la mentalità dei tunisini e delle tunisine in merito alla questioni di genere. “Ci sono competenze e conoscenze che, se messe in sinergia, possono sviluppare una nuova coscienza locale comune secondo la quale le donne sono protagoniste e agenti di trasformazione del loro ruolo nella società“, dice Nacyb.

Nacyb parla di donne come attrici del proprio destino e non come pedine nelle mani di un sistema patriarcale; come registe di un percorso di vita e non semplici esecutrici di obblighi e ruoli già stabiliti. Parole che si traducono in realtà!

L’associazione è diventata la sede di una vasta gamma di attività economiche svolte da donne, dal B&B al servizio catering per promuovere incontri e prodotti locali, da una sala sportiva attrezzata a un vivaio di piante medicinali per il benessere del corpo. Ma Nacyb e le sue compagne sono anche riuscite a stabilire e rafforzare le relazioni di una rete di donne del posto con l’obiettivo principale di valorizzare e sostenere le filiere locali, nei settori alimentare e artigianale, e l’ecoturismo. “Quest’esperienza conferma quanto le trasformazioni realizzate dalle donne cambiano positivamente non solo le loro condizioni socio-economiche, ma anche l’economia del territorio in una prospettiva di sviluppo solidale e responsabile”, continua Nacyb. E così, a cascata, queste donne offrono giornate di degustazione di prodotti a km 0, mercati solidali, la cura di orti urbani e nelle scuole. Non si fermano di fronte alle esigenze green del pianeta, anzi ne sposano la causa.

L’Associazione Rayhana è sempre stata consapevole del valore che la sua istituzione assume anche a livello politico in una regione in cui le politiche di sostegno alle iniziative delle donne in termini di associazionismo e impresa sociale sono pressoché assenti.

Rayhana, forte dei suoi principi, si apre oltre le mura del suo centro e raggiunge la comunità attraverso le onde radio. Giovani attiviste e stagiste nel settore mediatico, aspiranti giornaliste e volontarie ricostruiscono la storia del loro territorio, descrivono le ricchezze naturali e umane della comunità e affrontano questioni attuali attraverso le voci delle donne. Tutto per rendere l’emancipazione femminile non solo uno slogan, ma un dogma.

Nacyb, che è nata 39 anni fa sulle pendici del monte Djebel Bir, ha vissuto abbastanza per vedere come il suo paese ha cercato di migliorare lo status delle donne attraverso leggi che puniscono la violenza contro le donne o che evocano la pari rappresentanza politica.

“Nonostante questo, la strada del cambiamento è ancora lunga nella pratica. La lotta quotidiana per l’uguaglianza di genere è ancora in corso. Ho scelto questo lavoro [coordinatrice dei progetti di cooperazione] dopo la rivoluzione del 2011, perché credo che ognuno di noi possa essere un agente di cambiamento nel proprio territorio e lasciare in eredità alle generazioni future un mondo più giusto “, dice Nacyb.

Nacyb è una donna che ha deciso di agire. Mobilitiamoci per difendere l’uguaglianza e creare il cambiamento!

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L’Associazione Rayhana per le donne di Jendouba è uno dei partner locali con cui l’AICS collabora in Tunisia. Al fianco dell’ong COSPE e della Regione Toscana, è stata coinvolta nella realizzazione del progetto “Futur Proche: sviluppo locale e servizi decentralizzati per la crescita sostenibile e la cittadinanza attiva in Tunisia” che si è appena concluso. L’Associazione è attualmente partner di un altro progetto il cui capofila è sempre l’ong COSPE, dal titolo “RESTART: Riqualificazione ecologica e sociale dei territori attraverso il rilancio dell’imprenditoria giovanile in Tunisia.” Entrambi i progetti sono finanziati dall’AICS per un importo complessivo di circa 2,8 milioni di euro.

La Cooperazione italiana e la Banca Mondiale confermano il loro sostegno alla Tunisia tramite il rafforzamento del sistema statistico

[COMUNICATO STAMPA]

Tunisi, 18 luglio 2023

La Cooperazione italiana ha siglato ieri un finanziamento aggiuntivo alla Banca Mondiale, volto a rafforzare il sistema statistico tunisino per la raccolta, la produzione, l’analisi e la diffusione di dati statistici di alta qualità in settori prioritari. L’accordo, che si inserisce nell’ambito del “Tunisia Economic Resilience and Inclusion Umbrella Fund” (TERI), un fondo multi-donatori gestito dalla Banca Mondiale, testimonia la solida collaborazione tra le due istituzioni, basata sulla comune convinzione che dati accurati e statistiche affidabili siano un prerequisito per prendere decisioni consapevoli per lo sviluppo del Paese.

La cerimonia di firma si è svolta presso la Residenza d’Italia a Tunisi, in presenza dell’Ambasciatore Fabrizio Saggio, del Rappresentante Residente della Banca Mondiale in Tunisia, Alexandre Arrobbio, del Direttore della Sede Regionale dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) a Tunisi, Andrea Senatori e del Direttore Centrale responsabile della Governance dell’Istituto Nazionale di Statistica (INS), Mohamed Frigui.

Questo accordo prevede di offrire assistenza tecnica continua all’INS, il principale organo del sistema statistico nazionale. L’obiettivo è quello di mettere l’INS in condizione di produrre e diffondere dati e statistiche rilevanti che supportino e migliorino l’elaborazione di politiche basate su dati concreti. In tal senso, tra i risultati previsti, si auspica un significativo miglioramento della capacità della Tunisia di monitorare meglio gli indicatori socio-economici, di formulare politiche solide e di attrarre investimenti nel Paese.

Con questo accordo, l’Italia conferma ancora una volta il suo impegno ad affiancare la Tunisia nel suo processo di modernizzazione e sviluppo sostenibile, utilizzando un approccio pragmatico e globale che possa rispondere alle reali esigenze del Paese“, ha dichiarato l’Ambasciatore Saggio.

Secondo Alexandre Arrobbio della Banca Mondiale, “questo nuovo accordo di finanziamento dimostra il nostro costante impegno nei confronti della Tunisia e la nostra comune convinzione dell’importanza di dati e statistiche accurati a sostegno di un processo decisionale ponderato. Siamo determinati a lavorare con i nostri partner italiani per rafforzare la capacità statistica della Tunisia e favorire il suo sviluppo economico e sociale.”

Con questo finanziamento aggiuntivo, esprimiamo la volontà di lavorare insieme alla Banca Mondiale con l’obiettivo di migliorare la raccolta e l’analisi dei dati per definire strategie di intervento più pertinenti ed efficaci allo sviluppo sostenibile della Tunisia“, ha concluso Andrea Senatori, direttore dell’AICS di Tunisi, a margine della cerimonia di firma.

Il rafforzamento dell’INS, sostenuto dalla Cooperazione italiana e dalla Banca Mondiale, consentirà alla Tunisia di progredire sulla strada dello sviluppo sostenibile e della crescita inclusiva.

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Cooperazione italo-tunisina : firmato il nuovo Memorandum d’Intesa 2021-2023

Lo scorso 16 giugno è stato firmato a Roma dai Ministri degli Affari Esteri tunisino e italiano, Othman Jerandi e Luigi Di Maio, il nuovo Memorandum d’intesa in materia di cooperazione tra Italia e Tunisia, un accordo che fissa obiettivi, orientamenti strategici, settori d’intervento e risorse finanziarie per il triennio 2021-2023.

Con un sostegno finanziario di 200 milioni di euro, l’accordo mira a stimolare i motori di una crescita socio-economica che rafforzi la resilienza del popolo e la prosperità del paese, che valorizzi il capitale umano, che promuova una gestione razionale e sostenibile delle risorse, che sostenga l’innovazione e che riposizioni la Tunisia sui mercati internazionali.

La cooperazione italo-tunisina ha una lunga storia cominciata alla fine degli anni ’80. Da allora, la Tunisia è rimasto un Paese prioritario per la Cooperazione Italiana, tenuto conto dei legami commerciali, culturali e storici privilegiati tra i due Paesi della regione mediterranea. Con la firma del nuovo accordo, l’Italia riconferma il suo impegno a sostenere la Tunisia e ad affrontare le conseguenze generate dalla pandemia COVID-19.

Ascoltiamo il messaggio di Andrea Senatori, Direttore della Sede regionale dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) a Tunisi.

Comunicato stampa in FR

Il vivaio di Zoubaida

Per la rubrica: “Voci di Noi Altr* AICS

©CEFA/2021/Fabiana Adamo

di Martina Palazzo

Zoubaida è una donna di 40 anni, nata e cresciuta a Tabarka, una perla della costa nord-occidentale della Tunisia a circa 175 km dalla capitale.

Zoubaida ha da sempre una passione: coltivare piante aromatiche e officinali nel suo vivaio. Una tradizione, un amore quello per le piante che in quest’area si affermano presuntuosamente tra la vegetazione. Coltivate o selvagge, le piante aromatiche e officinali sono da sempre utilizzate per la cura del corpo, per le preparazioni culinarie e per le composizioni dei profumi. Qui, nella macchia mediterranea, Zoubaida ha fatto della tradizione un mestiere, della sua passione un’occupazione giornaliera dalle ambizioni a lungo termine.

La grande svolta è arrivata nel dicembre 2020, quando ha ufficialmente fondato Lyes Fiori, una delle 16 imprese selezionate per l’accompagnamento tecnico e finanziario nell’ambito del progetto Start-Up Tunisie. Creare opportunità lavorative, investire in idee d’impresa promettenti, formare giovani sono questi gli obiettivi del progetto finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e realizzato dal Comune di Fano in partenariato con l’ONG CEFA.

Zoubaida aveva un terreno, esperienza e ambizioni, quel tanto che è bastato a Start-Up per scommettere su di lei e sostenerla nella creazione di un’azienda, nella realizzazione di un sogno. “Le mie conoscenze sulla coltivazione delle piante e la gestione dell’impresa erano legate alla mia passione, ma non a delle conoscenze tecniche approfondite. Le formazioni a cui ho partecipato mi hanno permesso di approfondire le mie conoscenze e migliorare le mie competenze”, spiega Zoubaida, che al momento ha seguito lezioni sulla commercializzazione e marketing, comunicazione professionale, moltiplicazione e coltivazione delle piante aromatiche e officinali, in collaborazione con l’Istituto Silvo-pastorale di Tabarka – ISPT. Inoltre, grazie al supporto finanziario del progetto, la giovane imprenditrice ha ricevuto attrezzature per la costruzione delle due serre e per la recinzione del vivaio, utensili per la coltivazione e il sistema di irrigazione. Partita dalla consapevolezza che la raccolta arbitraria e non sostenibile della materia prima ha ripercussioni negative sull’ecosistema forestale, Zoubaida ha voluto creare un suo vivaio in serra e all’aperto che rispondesse alla necessità di moltiplicare le piante, preservarne le varietà (in particolare per lavanda, mirto, rosmarino, alloro, vervena, menta e pino) e colmare la richiesta del mercato, sempre più crescente.

©CEFA/2021/Fabiana Adamo

©CEFA/2021/Fabiana Adamo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lyes Fiori è ora un’azienda strutturata e pronta per la sua prima vendita di piantine da cui estrarre gli olii essenziali. Ma l’obiettivo è quello di aumentare i livelli di produzione e le attività. “Nel futuro prevedo di coltivare in campo aperto e di specializzarmi nell’estrazione di olii essenziali e vegetali a partire dalla materia prima prodotta dalla mia impresa”, confessa Zoubaida. Questo permetterebbe di imporsi nella filiera come produttrice e venditrice del prodotto finito, ma soprattutto di creare impiego. Il vivaio dà oggi lavoro a due giovani del posto che vengono assunti stagionalmente, soprattutto nel periodo della raccolta.

Zoubaida è la fondatrice di un’azienda che vuole preservare e valorizzare la biodiversità della zona, ma anche porsi come un modello per le altre donne, soprattutto della regione, che desiderano inserirsi nel mondo del lavoro.

 

LA TAVOLA VERDE: tra i banchi di scuola e in cucina per parlare di spreco alimentare

di Martina Palazzo

L’Ambasciata d’Italia in Tunisia e l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) – Sede di Tunisi, in collaborazione con il World Food Programme (WFP), hanno organizzato lo scorso 21 ottobre l’evento “La tavola verde” per discutere di spreco alimentare, a carte scoperte!

Trasmesso in diretta Facebook su AICS Tunisi, “La tavola verde” ha invitato decisori politici, istituzioni, società civile, settore privato e consumatori a partecipare ad una riflessione collettiva sul come e perché sia ormai necessario avere un approccio più responsabile nel produrre e consumare cibo in Tunisia. In un’ora e trenta, adulti e bambini si sono confrontati, dentro e fuori la cucina, a suon di domande, padelle e disegni.

 

Quest’appuntamento tunisino si è inserito nel calendario della quinta edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile, il più grande evento pubblico italiano, esteso alle rappresentanze diplomatiche all’estero, per sensibilizzare e mobilitare cittadini, giovani, imprese, associazioni e istituzioni sui temi legati allo sviluppo sostenibile, nonché per valutare i risultati raggiunti dalla comunità internazionale nell’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Quest’anno, la Cooperazione Italiana in Tunisia ha voluto scegliere un tema cardine tra le priorità del cittadino responsabile e legato all’obiettivo di sviluppo sostenibile n.12 – stabilire modelli di consumo e produzione sostenibili.

Presenti all’appello della presentatrice Peeka, influencer e star della TV tunisina, c’erano anche i rappresentanti dei Ministeri tunisini dell’Educazione e dell’Agricoltura, del WFP, dell’UNICEF, dell’OSC italiana COSPE, dell’incubatore LAB’ESS e dell’organizzatore di catering eco-solidali Ftartchi. Ad aprire il dibattito tra i banchi di scuola, l’Ambasciatore d’Italia, Lorenzo Fanara, che ha affermato: “Il tema dello spreco alimentare è importante per il nostro futuro. Siamo 8 miliardi al mondo e continuiamo a sprecare cibo nei ristoranti negli hotel, nei ristoranti e a casa. “

Effettivamente al mondo ci sarebbe cibo per tutta la popolazione, eppure 1 persona su 9 si addormenta ogni giorno affamata. Circa un terzo del cibo prodotto per il consumo umano viene perso o sprecato lungo la catena di approvvigionamento, dalla produzione agricola al consumo. In Tunisia, il 5% della spesa alimentare delle famiglie finisce nella spazzatura e più del 10% del pane prodotto viene buttato quotidianamente. Questo spreco rappresenta uno sfruttamento inappropriato e non necessario delle risorse naturali e umane, come la terra coltivabile, l’acqua e il lavoro, producendo emissioni di gas serra che potrebbero essere evitate.

In un mondo sempre più obbligato ad un uso razionale delle risorse, “La tavola verde” ha creato un momento di riflessione collettiva e dinamica, in cui il valore aggiunto si è concretizzato nella diversità identitaria dei suoi partecipanti. In questa prospettiva, il “pensare insieme” diventa preludio imprescindibile all’ “agire responsabile” nel microcosmo familiare e nel sistema Paese.

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Video integrale dell’evento:

 

Un “basta!” che salva

Per la rubrica: “Voci di Noi Altr* AICS”

di Martina Palazzo

«Mi è sempre stato tutto vietato, da bambina e da adulta. Il mio ruolo era obbedire e stare zitta.” Inizia così il racconto di Asma (nome fittizio), donna sulla quarantina e madre di 3 minori, vittima di violenze perpetue e soprusi che negli anni hanno spento qualsiasi sogno, annullato ogni germoglio d’ambizione. Vive in un villaggio di appena 600 abitanti in una zona costiera del sud della Tunisia, dove la pesca sfama le famiglie e i mezzi di trasporto per la grande città, Zarzis a mezz’ora di strada, sono radi.
Asma è una donna che si è ritrovata sola, senza casa e con tre bambini da accudire quando nel 2016 ha deciso di divorziare. La società le ha voltato le spalle senza diritto d’appello. La sua famiglia l’ha picchiata e l’ha denigrata verbalmente. “Una donna analfabeta come te non può permettersi di prendere decisioni. Torna a casa e sii paziente. Rispetta tuo marito e resta al tuo posto”, questa è stata la sentenza finale del padre. Nulla di diverso rispetto alle parole che amaramente raccoglieva ogni volta che varcava la porta di casa dei suoi genitori con i segni della violenza, quella fisica e quella morale, che mostrava sul volto e imprigionava negli occhi. Persino nell’intimità di coppia era trattata come un animale, come un cane al servizio di un uomo padrone privo di amore, di affettività, di rispetto. Eppure Asma ha resistito per 15 anni, annientata, violata e abusata tra le mura prigione di quella casa. Tre gravidanze dopo, ha deciso di dire “basta!”. “Quando ho sentito il pianto del mio terzogenito appena uscito dal mio ventre, ho capito che dovevo mettere un punto. Dovevo proteggere i miei figli e assicurar loro un futuro di sogni. Non ero più solo responsabile della mia vita, eravamo in quattro”, dice Asma con la voce strozzata.

Il piccolo aveva appena un mese di vita quando Asma si è recata presso il centro polivalente “Nejmet Tounes”, creato dal CIHEAM nell’ambito del progetto regionale GEMAISA, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). Una sua vicina le aveva consigliato di partecipare ad una delle sessioni d’informazione, sensibilizzazione, formazione e orientamento rivolte alle donne per facilitare il loro ingresso nel mondo del lavoro. Asma non cercava un impiego, ma uno spazio dove liberarsi dal fardello. Lì ha deciso di confessare e confessarsi, proprio lì ha trovato chi ha ascoltato la sua storia. Tra le orecchie ricettive c’erano quelle di Samia Mtimet, la responsabile del progetto e del centro. È lei che dal 2016 accoglie le donne di Zarzis e dintorni che hanno bisogno di assistenza professionale, tecnica, psicologica e giuridica. Samia, grazie ad un training ad hoc fornito dall’associazione LeNove, ascolta in totale riservatezza, registra i dati e poi indica l’entità più indicata per dare un seguito alla richiesta.

 

“Persino durante la pandemia covid-19 abbiamo dato continuità ai nostri servizi telefonicamente. È importante che queste donne sappiano che qui c’è sempre qualcuno disponibile e pronto ad ascoltarle”, rivela Samia. Niente di più vero se si considera l’impatto del confinamento, decretato dal governo come misura preventiva contro l’espandersi del coronavirus, sulle donne. Dal 22 marzo al 3 maggio 2020, il numero verde istituito dal Ministero della Donna ha ricevuto più di 7000 segnalazioni di violenze di genere. Nello stesso periodo la pandemia ha causato spesso l’impossibilità per le vittime di accedere ai servizi di giustizia, minacciandone la sicurezza fisica e psicologica. Sebbene la legge tunisina n. 58 del 2017 rappresenti uno strumento legale per eliminare le violenze di genere, il numero di donne vittime di atti di violenza domestica e familiare è in aumento.

 

“I problemi più ricorrenti delle donne sono legati ai divorzi difficili, all’eredità e alle questioni fondiarie, agli abusi di potere sul posto di lavoro e alle violenze”, ci spiega Tijania Jelliti, avvocatessa di Zarzis che presta servizio volontario presso lo sportello giuridico di Nejmet Tounes. È lei che ha seguito legalmente Asma dal 2016 a settembre 2021 quando il tribunale ha chiuso definitivamente il caso, riconoscendole il diritto a riappropriarsi della casa e a ricevere mensilmente il mantenimento dal marito per sé e per i figli.

In Tunisia esiste un quadro legislativo che riconosce e tutela i diritti delle donne, ma molte non ci si appellano perché ne ignorano l’esistenza. Non difendono i loro diritti perché non sanno di averli,” conclude l’avvocatessa.

 

Asma oggi lavora, non vive più nel silenzio e nel diniego. “Quando mi guardo allo specchio vedo ancora una bambina che ha tanti sogni da realizzare”, ci racconta con un sorriso quasi furtivo. Lei ha trovato altre donne sul cammino della liberazione e della riaffermazione personale. A dispetto del ripudio della sua comunità d’origine, ancora intrisa di preconcetti e costumi iniqui, Asma è riuscita a trovare la forza nella sua progenie, in quella che lei definisce “espansione del mio io”. Per loro vuole essere un modello di vita, un esempio di coraggio e di forza perché gli obiettivi si sognano e si realizzano solo grazie ad un forte senso di autodeterminazione.

“Oggi racconto la mia storia perché possa essere d’ispirazione a molte donne che subiscono violenze. Abbiate coraggio di denunciare per iniziare a vivere.”

               

GEMAISA è un progetto regionale finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e realizzato dal CIHEAM di Bari in sei Paesi del Mediterraneo, (Marocco, Tunisia, Egitto, Giordania, Libano e Palestina). Il progetto, composto di due fasi e conclusosi a settembre 2021, mira a migliorare i mezzi di sostentamento delle donne rurali aumentandone la partecipazione nelle filiere agroalimentari locali e contribuendo al rafforzamento della capacità dei Ministeri dell’Agricoltura circa l’integrazione delle questioni di genere nelle loro politiche, strategie e programmi. L’obiettivo finale di tutte le attività è di avviare un’azione collettiva per il cambiamento e l’inclusione di genere sostenendo la partecipazione delle donne alla vita e al lavoro civile.

L’Agenzia sostiene la “16 Days Campaign” per prevenire e eliminare la violenza contro le donne e le ragazze. #OrangetheWorld

Il “fatto a mano” tunisino alla Fiera dell’Artigianato di Milano

   

di Martina Palazzo

Per la prima volta nella loro carriera, 12 artigiani tunisini espongono le loro creazioni oltre i confini nazionali. Sono a Milano all’« Artigiano in fiera » dal 4 al 12 dicembre per mostrare il savoir-faire del loro Paese tra tradizione e innovazione.

Giovani donne e uomini provenienti da diverse regioni dei quattro angoli della Tunisia, tutti con una storia personale di successo, tutti sostenuti da UNIDO e IOM, le due agenzie delle Nazioni Unite che stanno realizzando rispettivamente i progetti Creative Tunisia e Mobi-TRE, grazie al sostegno finanziario dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). Queste due iniziative incoraggiano lo spirito imprenditoriale, in particolare tra i giovani, e valorizzano le competenze locali attraverso la creazione di opportunità economiche e la modernizzazione degli apparati produttivi per una maggiore competitività su scala nazionale e internazionale.

La Tunisia, crocevia di civiltà nel corso dei secoli e ponte di scambi commerciali dalle sue coste ai villaggi berberi, possiede un vero e proprio know-how artigianale che porta i segni del passato e conserva le tradizioni. Questo patrimonio rafforza anche il tessuto economico del Paese, impiegando una gran parte della popolazione attiva su tutto il territorio nazionale. Oggi l’artigianato tunisino vuole essere vettore di una sorta di riabilitazione dei mestieri tradizionali. Non solo oggetti, ma creazioni che trasmettono la storia di una comunità e, allo stesso tempo, di un professionista che ha voluto giocare con le ispirazioni e le esigenze del mondo contemporaneo. Questo è il segreto dei nostri giovani presenti questa settimana a Milano. Riesumano il tesoro ancestrale e gli danno un aspetto innovativo; stanno al passo con i tempi senza perdere la memoria. E ce n’è per tutti i gusti: tessitura con materiali nobili e naturali, cosmetici e alimentari, decorazioni in ferro.

Queste creazioni aspettano solo di essere scoperte. “La nostra partecipazione alla fiera è molto importante perché ci dà la possibilità di far conoscere i nostri prodotti ad un pubblico internazionale”, dice Amel Laouini, tunisina residente in Italia che ha investito nella marca di cosmetici, Mliz Nature, nell’ambito del progetto Mobi-TRE. “Spero di arrivare alla fine di questo evento con nuove idee per il futuro e contatti utili per ulteriori affari”, conclude.

Infatti, la fiera è sia una vetrina che una piattaforma di scambio. Qui, un know-how specifico e senza tempo crea legami con l’altrove e con l’altro. “Questa esperienza ci aiuta a sviluppare i nostri prodotti secondo le esigenze del mercato internazionale e a diventare più competitivi nell’era della globalizzazione”, dice Faiez Boussaid, uno dei beneficiari del progetto Creative Tunisia.

Facciamo rivivere il passato nelle creazioni dei nostri giovani artigiani. Scopriamo il loro talento.

I datteri del deserto tunisino sotto scacco

di Martina Palazzo

©AICS Tunisi/2022/MPalazzo

Un tempo distesa di sabbia calpestata da carovane di nomadi, Rjim Maatoug è ora un’oasi rigogliosa e popolata tra le dune del deserto nel sud-ovest della Tunisia, al confine con l’Algeria. In quasi trent’anni, la terra di nessuno è diventata casa per oltre 1300 famiglie che vivono di agricoltura e commercializzazione dei datteri, gli stessi che finiscono sulle tavole degli italiani e di molti altri europei. Qui il deserto si è trovato di fronte ad uno STOP, un’intimazione tassativa voluta dal Governo tunisino che, insieme alla Cooperazione italiana, ha combattuto fortemente contro la sua avanzata per tre decenni. Nello scacchiere vita versus desertificazione, la prima vittoria ha registrato circa 2000 ettari di terra sottratti al deserto e devoluti alla produzione della palma da dattero, fonte di reddito per la popolazione dei sei villaggi creati nell’ambito del progetto italo-tunisino. Case, scuole, luoghi di culto, dispensari, servizi commerciali e amministrativi consentono oggi ai più di sei mila abitanti della regione di Rjim Maatoug di accedere ai servizi di base.

Tra le palme, in preparazione per l’impollinazione primaverile, Nabila El Kadhri continua le sue ricerche sul dattero. Lei, ingegnere agronomo e ricercatrice presso il Centro Tecnico dei Datteri a Kebili, collabora da anni con l’Ufficio di Sviluppo di Rjim Maatoug (ODRM), l’ente esecutore del progetto pluri-decennale. Una volta a settimana, percorre quei 115 km che separano il suo laboratorio dalla parcella pilota di sperimentazione all’interno dell’oasi. Le sue giornate lavorative sono fatte di scienza e di natura, di studio e di applicazione, ma soprattutto di una vera dedizione alla pianta che ha accompagnato la sua vita fin dall’infanzia. “Originaria di questa regione, ho scelto di dedicare le mie ricerche alla palma da dattero che per me significa casa, origini, ma anche vita. Qui, infatti, essa regna sovrana nell’ecosistema oasiano e permette alla popolazione locale di sopravvivere. Donne e uomini sono implicati nella produzione del dattero e di questo frutto vivono”, racconta Nabila. Nell’ombra confortevole delle foglie, insieme a collaboratori e collaboratrici, esegue i prelievi di suolo e terra, testa nuove tecniche di fertilizzazione e di irrigazione, si approccia in maniera sperimentale all’irrorazione del polline e alla potatura. Tutto questo all’unico scopo di trovare delle soluzioni ai problemi che minacciano la qualità e la quantità della produzione dei datteri e, conseguentemente, la sopravvivenza della comunità umana.

“Ci sono problemi ambientali, le condizioni climatiche sono ostili e le risorse sempre più rare e difficili da sfruttare. La siccità, il caldo e i venti di sabbia aumentano l’apparizione di malattie la cui manifestazione è sempre più frequente e dannosa. Se la produzione è a rischio un anno, l’agricoltore ha difficoltà ad affrontare la stagione seguente”, testimonia Nabila. “Attraverso le mie ricerche, voglio dar voce e rispondere alle istanze dei produttori.”

La lotta vita versus desertificazione è ancora aperta nel Sahara, la distesa di sabbia più grande al mondo. Di fronte al surriscaldamento globale e al calo delle precipitazioni, piante e animali delle zone desertiche sfidano i propri limiti di tolleranza di temperatura e aridità. La sabbia avanza quasi impercettibile agli occhi della gente comune. Il caldo e la siccità lasciano gli acari proliferarsi e danneggiare la linfa vitale delle piante. L’aridità colora di bianco il suolo salino. Le palme hanno sempre di più la testa nel fuoco e sempre meno i piedi nell’acqua.

“Finché esistiamo, dobbiamo combattere insieme contro il cambiamento climatico affinché l’ecosistema delle oasi continui a vivere e a nutrire la popolazione. Ciò richiede un’azione collaborativa tra le istituzioni, gli enti statali e di ricerca e la popolazione locale. Lottiamo insieme”, è l’appello di Nabila per lo scacco matto che chiuderebbe la partita della sopravvivenza qui nel profondo sud sabbioso della Tunisia.

 

Guardate la video-testimonianza di Nabila:

Il progetto di “Riabilitazione e creazione di palmeti da dattero a Rjim Maatoug” consiste nella creazione di circa 2500 ha di palmeto da dattero e nella realizzazione delle infrastrutture socio-economiche ed abitative necessarie per l’insediamento delle popolazioni locali. Iniziato nel 1984 con una prima fase sperimentale finanziata dal governo tunisino, ha proseguito fino al 2020 con il supporto finanziario dell’Italia per un importo totale di 23 milioni di euro.

Classificato nell’ambito delle iniziative di sviluppo rurale e lotta contro la desertificazione, il progetto è realizzato in partenariato con l’ODRM, struttura alle dipendenze del Ministero della Difesa Nazionale, creata nel 1989.