Dopo circa tre mesi, la Tunisia sembra ormai pronta per uscire dalla crisi pandemica del Covid-19 e abbandonare progressivamente le misure di contenimento finora adottate.
Occorre segnalare che in materia di contenimento preventivo, la strategia adottata dalla Tunisia è stata più rigida rispetto ai protocolli utilizzati dai principali stati europei, tra cui l’Italia.
Le frontiere aeree, marittime e terrestri sono state infatti ufficialmente chiuse il 17 marzo scorso e saranno progressivamente riaperte il prossimo 27 giugno.
Dal 18 marzo le autorità tunisine hanno invece stabilito il coprifuoco su tutto il Paese dalle 18 del pomeriggio fino alle 6 del mattino, mentre dal 22 marzo è entrato in vigore il lockdown delle attività economiche oltre alla limitazione della libertà di circolazione delle persone (come per esempio il divieto di viaggiare al di fuori del proprio Governatorato di residenza). Tutte queste misure sono state poi progressivamente allentate tra la fine di maggio e l’inizio di giugno.
Oggi la vita in Tunisia sembra essere sul punto di un ritorno alla normalità e il Paese si prepara ad entrare in un’anomala stagione turistica che vedrà con buona probabilità un calo del flusso di ingressi nel Paese.
Ad ogni modo, la Tunisia sembra essere riuscita a rispondere per tempo e piuttosto efficacemente all’emergenza Covid-19, a differenza di quello che invece sembra essersi registrato in altri Paesi dell’area nordafricana, come in particolare il Marocco e l’Egitto.
Attualmente i contagiati registrati in Tunisia hanno di poco superato il migliaio di persone mentre i decessi sono meno di cento. Si tratta di dati che tuttavia occorre leggere con prudenza alla luce della quantità di tamponi finora effettuati che, con buona probabilità, non hanno coperto una quantità sufficiente di popolazione tale da poter quantificare realmente la diffusione del virus.
L’eventuale scampato pericolo di fronte ad un’emergenza sanitaria, tuttavia fa ora concentrare le principali preoccupazioni del Paese verso la cosiddetta fase due, ovvero quella della ripresa delle attività economiche e socali.
A seguito del confinamento, si è registrata una considerevole diminuzione della produzione, la chiusura di gran parte dei punti vendita e la sospensione delle operazioni commerciali internazionali. La decisione del confinamento è stata considerata dolorosa, anche dalle autorità, per un paese che ha più di 1 milione e duecentomila dipendenti nel settore privato, gran parte dei quali sono rimasti inattivi per più di due mesi, insieme a quasi 1 milione di dipendenti pubblici e impiegati di imprese pubbliche, ma soprattutto un paese che ha quasi seicentomila (600.000) disoccupati e quasi 1 milione di lavoratori nel settore informale.
L’attuale governo tunisino, formatosi dopo alcune mesi di trattative dopo le elezioni avvenute lo scorso settembre, sarà chiamato quindi a traghettare il Paese attraverso una fase molto delicata della sua storia, con conseguenze per i giovani, le donne, i bambini, gli anziani, i piccoli e medi imprenditori e tutte quelle categorie più vulnerabili all’interno della società.
La Cooperazione italiana e i suoi partner in Tunisia, in questo particolare periodo, hanno cercato di contribuire attraverso le iniziative in corso alla riduzione dell’impatto da Covid-19. Diverse attività progettuali, grazie alla duttilità delle persone che lavorano sul terreno, sono state riorientate in tempi brevi per rispondere alle esigenze contingenti.
È il caso, per esempio, del progetto Future Proche. Un’iniziativa realizzata dalla regione Toscana e dall’ONG italiana Cospe, finanziata AICS, che ha l’obiettivo di migliorare i servizi delle istituzioni decentrate tunisine per la popolazione. In coordinamento con le autorità locali, gli enti esecutori di quest’iniziativa si sono adoperati per l’acquisizione di guanti, occhiali di protezione, uniformi e mascherine che sono state distribuite presso i presidi sanitari delle regioni selezionate dal progetto. Non meno importante è stata poi l’assistenza in ambito economico. Sempre all’interno della stessa iniziativa è stato deciso di aumentare le risorse per l’assistenza tecnica e l’accompagnamento in loco dei produttori, puntando a rafforzare la qualità e la certificazione dei prodotti e ampliare i canali di promozione e commercializzazione online, non avendo ad oggi garanzie sull’effettiva possibilità di organizzare eventi fieristici nazionali nel breve e medio periodo.
Si deve segnalare poi lo sforzo profuso anche dall’ONG Overseas, all’interno dell’iniziativa Jasmin, volta all’inclusione dei giovani e delle donne più vulnerabili. Questo progetto, oltre alla produzione di 1000 visiere di plastica distribuite presso l’ospedale di Mahdia, ha puntato su una campagna di sensibilizzazione via web molto apprezzata dalla comunità tunisina e che ha ricevuto oltre 4 milioni di visualizzazioni.
Anche le organizzazioni internazionali delle nazioni unite hanno contribuito in questo senso alla riduzione dell’impatto della pandemia. L’UNIDO, all’interno di un progetto dell’Unione europea e cofinanziato AICS, ha prodotto visiere di plastica distrbuite negli ospedali del Governatorati di Nabeul. Mentre l’OIM ha dato avvio ad uno studio che intende analizzare l’impatto del Covid-19 sui progetti di investimento fatti da alcuni piccoli imprenditori beneficiari. Questo studio potrà quindi permettere a queste persone di riorganizzare per tempo la loro attività in funzione degli scenari che si verrano a creare.
Tutti questi esempi possono dimostrare il contributo che la Cooperazione allo sviluppo tra Italia e Tunisia può offrire in momenti di particolare crisi. Inoltre, la storica amicizia, il profondo legame culturale e la vicinanza geografica tra questi due Paesi, possono essere il punto di partenza per una cooperazione rinnovata con l’obiettivo di affrontare uniti le nuove sfide date dagli sviluppi di questa pandemia.
Infine, occorre segnalare che questa Cooperazione avviene in entrambe le direzioni. La Tunisia non ha infatti rinunciato ad esprimere aiuto e solidarietà verso un paese storicamente amico come l’Italia. Nello scorso aprile, un team di sette persone tra medici ed infermieri militari tunisini è atterrato all’aeroporto di Malpensa per aiutare il personale medico di Brescia nella lotta alla diffusione del Coronavirus.
Un gesto di solidarietà che dimostra ancora una volta come questi due Paesi non possono fare a meno uno dell’altro.